Espatrio Vivere all'estero

Lockdown Blues

Written by Guest

Una lettera che ci e’ arrivata tempo fa durante i pesanti lockdown australiani. Ci ha scritto Michela da Byron Bay, per raccontarci di come stava in quel periodo e il suo racconto accomuna molte di noi. Buona lettura.

Care Amiche di Fuso…Buongiorno!


Sono le 6.30 del mattino, sono sveglia gia’ da un’oretta. Mentre mi gusto un buon caffè ( che il mio santo compagno mi prepara la mattina prima di andare a lavoro) mi sono imbattuta nella Instagram Story di Amiche di Fuso fatta da Nadja e mi sono detta: ma si, sono in lockdown, non ho niente da fare, quasi quasi le racconto la mia storia.

La mia non è una storia particolarmente avventurosa. Abito in Australia dal 2015, più precisamente a Byron Bay. Mai avrei pensato di trasferirmi qui (possiamo definirlo uno dei posti più cari e affollati d’Australia? HOOOO YESS!) ma per una serie di fortunati eventi, mi è stato offerto un posto di lavoro qui che ha garantito la residenza australiana sia per me che per il mio compagno. 


Quindi eccomi qui, qualche anno dopo, quasi cittadina, con una stabilità, un buon lavoro e soprattutto un piccolo gruppo di persone che negli anni sono diventati la mia famiglia e che  mi fanno sentire come se questa davvero fosse la mia casa ( e da buone expat voi sapete quanto quest’ultimo fattore sia importante).

Qui il coronavirus ci ha solo sfiorato, non abbiamo avuto grandi outbreaks e solo recentemente ci hanno imposto l’obbligo della mascherina. 
Mi ritengo molto fortunata. Ma ora davvero mi manca la mia famiglia. Li ho visti l’ultima volta appena prima che si scatenasse il coronavirus, settembre 2019. 

Quasi mi sento in colpa di aver pensato in quell’anno che sarebbe stata ora di fare una vera vacanza. Una di quelle dove si visitano posti nuovi e si vivono avventure nuove e non un mese passato a rimbalzare come una pallina da pinball tra visitare i vari amici e parenti sparsi in ogni angolo d’Italia. 


Passo giornate intere a sfogliare foto e video, loro tutti riuniti attorno alla tavola a mangiare e cantare. Mia nipote che va costantemente in giro con un cane in braccio. L’ultima volta che l’ho vista non parlava nemmeno, ora usa vocaboli come IDRATARE. Alle volte mi sento come se fossi nella mia comoda e splendente gabbietta dorata, appesa in un angolo della stanza, costretta a guardare loro che vivono la loro vita da lontano e desiderare costantemente di poterne fare parte. D’altronde, questa vita me la sono scelta io, nessuno me lo ha imposto. Questo è il mantra che mi ripeto, quasi a redarguire me stessa, come se non avessi il diritto di lamentarmi perché, in fondo, è stata una  mia scelta. 


Non cambierei una virgola della mia vita: ho sudato per arrivare qui. Ma ora come ora, il mio desiderio più grande, è quello di poter tornare ad essere padrona della mia vita e soprattutto dei miei spostamenti. Poter salire su un aereo e sapere che dopo 24 ore sarò anche io seduta a quella tavola a mangiare e cantare.
Adesso mi verso un’altra tazzina di caffè. Poi andrò a passeggiare in spiaggia in modo da scrollare via questa malinconia e ricordarmi che good things come to those who wait.


Ciao Amiche di Fuso, grazie per tutti i vostri meravigliosi articoli su come vivete la vostra expat life, mi fate sentire meno sola.
Vi abbraccio.


Michela, Australia

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